Notizie Radicali
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  domenica 28 agosto 2005
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Un nuovo venti settembre

di Francesco Pullia

Il 20 settembre si avvicina. Una data, una scadenza, un’occasione per tutti, credenti e non (anzi più per i primi che per i secondi), per riflettere sul significato di una lotta, di un impegno che richiede perseveranza e amore e che si arricchisce sempre di più di contenuti. Spetta a noi evitare la retorica, fare in modo che la memoria di un evento storico, di primaria importanza per la vita civile del nostro paese, non si trasformi in una sorta di ripiegamento celebrativo e di affermazione di un laicismo autoreferenziale e inadatto a cogliere i nessi, le sollecitazioni che ci vengono da questo presente contraddittorio, percorso da timori e tremori e nello stesso tempo foriero di fermenti, di aneliti, di speranze.

Quest’anno il 20 settembre cade a ridosso delle giornate che Benedetto XVI ha voluto dedicare principalmente ad incontrare i giovani, a sentire il loro polso, il loro calore, ad ascoltare le loro aspettative e le loro ansie.

Essere anticlericali, cioè per una religiosità aliena da coercizioni e forzature, libera e feconda, non immiserita da dogmatismi e confessionalismi, non impedisce di guardare al nuovo pontefice con la dovuta attenzione e con il rispetto che si deve a chiunque si ritenga latore di una qualche verità, di una visione che, volenti o nolenti, ha inevitabili ripercussioni

nell’immanenza, nella secolarità.

E’ indubbio che nei pochi mesi trascorsi dalla sua ascesa al soglio pontificio, Joseph Ratzinger abbia già lasciato intravedere con graduale maggiore evidenza e con determinazione quale sarà il percorso sul quale il suo magistero intende addentrarsi. Un cammino certamente nel solco di una tradizione, volto al recupero della scolastica medievale, già delineato all’interno di precisi parametri concettuali nei quali non possiamo riconoscerci perché estranei alla nostra passione per il libero pensiero, per la libera e piena affermazione di una spiritualità dinamica, vibrante, priva di orpelli e irrigidimenti.

E, tuttavia, proprio per questo e in virtù di questo non dobbiamo ignorare o, peggio ancora, affrontare con atteggiamenti preconcetti la sfida che il papa ci sta lanciando su temi non circoscritti e relegati al mondo ecclesiale ma riguardanti la nostra esistenza, il nostro essere qui ed ora, di passaggio, tra gioie e sofferenze.

Dinanzi alla durezza di alcune sue posizioni (come quelle, ad esempio, sul relativismo e sulle “zavorre” che allontanerebbero la società dal cristianesimo) sarebbe un errore sprofondare nell’intolleranza e arroccarsi in una contrapposizione frontale.

Parafrasando Gandhi, secondo cui giustamente la logica dell’ “occhio per occhio e dente per dente” finisce per rendere il mondo cieco e sdentato, dobbiamo evitare monologhi o, per meglio dire, dialoghi tra sordi che non conducono da alcuna parte, cercando invece di apportare sale e nutrimento ad una polemica che richiede apertura, tolleranza, conoscenza, comprensione profonda delle motivazioni che sanciscono e rimarcano differenze.

L’antropologia di Ratzinger è insufficiente perché, al pari delle altre antropologie monoteistiche e dello stesso laicismo, è vincolata all’antropocentrismo in un tempo in cui la filosofia,la psicologia, la fisica, la biologia, la ricerca scientifica attestano l’inesistenza e l’improponibilità di un centro nell’universo. Ciò non significa la prevalenza del caos. E’ proprio il contrario. Nell’ordinamento evolutivo ogni singolo aspetto, anche il più apparentemente insignificante, fornisce il suo prezioso contributo al libero dispiegamento del processo naturale. E all’interno di questo processo acquista valore l’affrancamento dal dolore, dalla sofferenza. L’antropocentrismo della Chiesa da un lato esalta l’uomo, in quanto immagine speculare di Dio, dall’altro contraddittoriamente lo condanna (come nel caso della preclusione all’utilizzazione delle cellule staminali embrionali per scopi terapeutici) all’umiliazione, alla macerazione, alla più nera disperazione negandogli il diritto di sperimentare la propria salvezza (fisica e insieme spirituale perché al degrado fisico spesso s’accompagna quello interiore).

Nell’intervista rilasciata a Radio Vaticana, il pontefice ha affermato che “il cristianesimo è pieno di dimensioni non ancora rivelate e si mostra sempre fresco e nuovo”. Una riflessione ricca di suggestioni e implicazioni che rischia di ritorcersi contro la Chiesa se il Vaticano continuerà ad eludere che l’essenza propria del cristianesimo risiede nel suo farsi continuamente scandalo, pietra di verità.